Sala 2

Memorie comuni

Il progetto regionale Memorie comuni. alore e valorizzazione del patrimonio etnoantropologico, linguistico, audiovisivo della Regione, cui collabora un gruppo di ricerca interdisciplinare dei Dipartimenti di Lingue e letterature, comunicazione, formazione e società (DILL) e Studi umanistici e del patrimonio culturale (DIUM), si propone di contribuire alla valorizzazione delle memorie e delle culture storiche, antropologiche e linguistiche delle minoranze regionali e di riflettere sulle potenzialità conservative, evocative e pedagogiche degli strumenti mediatici e digitali e dell’antropologia visuale, attraverso più azioni specifiche. Tra queste, sotto la responsabilità di Laura Casella e Simone Venturini, vi è lo studio e la valorizzazione di materiali cinematografici amatoriali e familiari di specifico interesse storico ed etnografico-linguistico per la Regione FVG. Questa sezione del progetto si intreccia positivamente e fa tesoro del programma di raccolta, digitalizzazione e riuso di film amatoriali avviato in Friuli Venezia Giulia intitolato Memorie animate di una regione. Promosso dalle Mediateche Regionali in partnership con più enti del territorio, tra cui l’Università degli Studi di Udine con il Laboratorio La Camera Ottica, La Cineteca del Friuli e la Soprintendenza archivistica del Friuli Venezia Giulia, esso, a sua volta, si fonda sulla più che ventennale opera di riscoperta delle memorie cinematografiche private del territorio condotta da più enti che hanno alimentato il progetto stesso.

L’azione specifica di studio e valorizzazione delle memorie private si deve quindi a questo retroterra comune e a una moltitudine di impulsi archivistici, accademici, culturali e creativi. In particolare, rispetto al patrimonio recuperato dalle Mediateche del FVG, il progetto ha utilizzato ai fini di un laboratorio didattico alcuni fondi di particolare interesse conservati dalla Mediateca di Trieste e dalla Mediateca di Pordenone (i fondi Pagnossin, Lapaine e Rossetti) accomunati dal tema del femminile. Studentesse e studenti della Laurea magistrale in Scienze del patrimonio audiovisivo e dell’educazione ai media e della Laurea triennale in Discipline dell’audiovisivo, dei media e dello spettacolo sono stati quindi coinvolti per studiare delle inedite forme di riuso storiografico-scientifico, sperimentale-creativo e curatoriale-divulgativo.

A tale scopo, il gruppo di lavoro ha coinvolto il ricercatore e filmmaker Dario Rizzo, già al centro di progetti e ricerche di recupero del patrimonio audiovisivo delle Valli del Torre e del Natisone. Assieme, il gruppo ha alimentato il seminario creativo Culture del riuso: il cinema di famiglia e amatoriale e la sua valorizzazione creativa, con protagonisti gli studenti del DAMS e della Laurea magistrale IMACS. Il seminario ha compreso una serie di proiezioni (tenutesi al Kinemax di Gorizia) di capolavori della storia del found footage cinema, lo studio condiviso in aula dei fondi più sopra citati e infine la loro valorizzazione creativa da parte di singoli o gruppi di studenti. I risultati, descritti più sotto in dettaglio, sono i più disparati e sorprendenti, creativi, critici, spiazzanti, per nulla scontati, pur considerando il poco tempo di elaborazione progettuale e lo stato di prima realizzazione. Nelle loro forme e tensioni, dimostrano ancora una volta come la ricerca d’archivio, lo studio storico e analitico e le pratiche creative offrano continuamente reinterpretazioni originali del patrimonio regionale audiovisivo, specie per merito di nuove e differenti sensibilità che iniziano ad abitare, prendere parola e trasformare l’ecosistema culturale e territoriale.

Ha mostrato anche come le fonti storiche e documentarie non rappresentino simulacri ma diventino elementi parlanti della conoscenza del passato del territorio proprio attraverso l’interpretazione critica e il riuso creativo.

Culture del riuso: il cinema di famiglia e amatoriale e la sua valorizzazione creativa

La maggioranza dei lavori collettivi e individuali qui presentati sono il frutto del seminario “Culture del riuso” in cui sono state analizzate e affrontate alcune metodologie e pratiche di riuso creativo di materiali cinematografici, sia rimanendo nell’ambito cinematografico sia migrando in quello dei nuovi media. Infatti, se ci è sembrato naturale iniziare il nostro percorso introducendo il found footage film come pratica maestra di riuso del cinema per il cinema, non abbiamo potuto ignorare le più recenti forme di riuso del patrimonio cinematografico per il web, i social media, le attività museali. Questo ha portato a risultati per un certo verso sorprendenti, dal momento che gli output arrivati dai e dalle partecipanti sono stati ancora più diversificati rispetto agli input ricevuti; pensiamo, ad esempio, a coloro che hanno realizzato e-book e progetti di festival, possibilità non contemplate inizialmente durante gli incontri preliminari e che vanno ad arricchire ulteriormente il panorama di forme di riuso possibili a partire da filmati amatoriali girati decenni prima.

Se poi ci rivolgiamo ai film di famiglia (Roger Odin li definiva film realizzati «da un membro della famiglia a proposito dei personaggi, degli eventi o degli oggetti legati in un modo o nell’altro alla storia di questa famiglia e ad uso privilegiato di questa»), va da sé che nessun componente di una famiglia avrebbe mai immaginato che, quaranta, cinquant’anni dopo quello spensierato pomeriggio in cui lo zio o il cugino avevano partecipato al picnic di famiglia con quella strana cinepresa, si sarebbe ritrovato proiettato nella sala di un cinema digitale, in alcuni casi in forma rielaborata e ricontestualizzata.

Il programma — un incontro di presentazione dei progetti aperto al pubblico — inizia così con il piede sull’acceleratore, consapevole della forza primigenia della sperimentazione che è alla base del riuso con la sezione dedicata allo sperimentale e alle riflessioni che sottende. È lecito conservare, pubblicare e manipolare filmati all’origine privati? Fino a che limite? Qual è il loro senso in un dominio (il digitale) segnato dall’imperativo a-critico del riuso ma anche dall’ideologia (digitale) dell’illimitatezza? Per essere ancora più radicali, il loro riuso sperimentale può farci intravedere i limiti e le perversioni delle più generali pratiche culturali e creative contemporanee di pubblicazione e divulgazione? Noi pensiamo che tali domande e pratiche, tra abusi e riproducibilità illimitate, siano legittime, anche se tale convinzione deriva da una consapevolezza e da una serie di riflessioni che hanno accompagnato il nostro percorso.

Segue la sezione dedicata agli atlanti, intesi come raccolte di determinati luoghi, espressioni, momenti: i luoghi urbani di Cities, colti come. prisma visuale e inneschi per la progettazione di un’installazione museale; i momenti del rito più diffuso in Italia (il matrimonio religioso al centro di Scene da un [M/P]atrimonio) messi a confronto tra loro in un dispositivo riflessivo che va alla ricerca di luoghi comuni, ripetizioni, eccezioni di un genere rituale e cinematografico; infine uno studio in progress, un progetto di film di found footage dedicato alle emozioni umane in cui l’emotivo, il mobile e il vedere si fondono assieme fin dal titolo del progetto.

Dagli atlanti si prosegue passando alle narrazioni e quindi al genere, ai generi e ai dispositivi come elementi che ne determinano, ne modificano, ne ri-orientano il senso. In direzione non solo del “vero” storico, ma anche della complessità del reale, intriso di falso e di finto che, come Ginzburg ha ben mostrato, possono entrare anche nel racconto storico.

L’analisi dei materiali documentari e il loro riuso creativo sono così alla base della Storia immaginaria di una cineamatrice (curato da un gruppo di studentesse e studenti della Laurea magistrale). Il progetto si prefigge di raccontare la figura femminile e il suo rapporto col mondo del lavoro negli anni Sessanta e Settanta attraverso la costruzione di una biografia immaginaria e paradigmatica, narrata in prima persona, che raccoglie in sé le vite che molte cineamatrici hanno trasmesso tramite le loro immagini e loro parole, usando la cinepresa come strumento di espressione e autodeterminazione in una società in continuo cambiamento: altre fonti orali e dirette, quali le interviste ai donatori dei fondi, entreranno come testimonianze dell’esperienza di queste figure e guideranno la lettura delle immagini girate da queste donne. Il cortometraggio sarà così anche l’occasione per attivare una riflessione sul processo di ricerca, sull’operazione stessa di trattare, lavorare e riutilizzare i fondi femminili, sia per il loro valore estetico – a lungo ignorato – sia per il loro valore storico, altrettanto trascurato. L’integrazione di nuove riprese renderà esplicito il meccanismo della costruzione narrativa: narrazione della Storia e di “una” storia in particolare, che a sua volta sarà rappresentazione esemplare di una molteplicità di esperienze, uguali ma diverse, singolari ma di tante, intime e collettive, reali ed esemplari al tempo stesso, che parlano delle donne del Friuli dell’epoca.

Vero, finto e falso si intrecciano ancora in La scomparsa di Cara, un e-book digitale, degno esemplare di libro immaginario, qui principalmente a base fotografica, un mockumentary e un racconto di true crime su una ragazza scomparsa la cui storia fittizia è fondata per paradosso su evidenze provenienti dai fondi cinematografici regionali. Ancora, la creazione di un dispositivo festivaliero in cui i “rifiuti” mediali tornano “vivi” immagina un luogo in cui più storie ed esperienze possono disegnare nuove traiettorie di incontro tra il pubblico contemporaneo e il patrimonio audiovisivo privato.

Con l’ultima sezione, dedicata al lutto e alla nostalgia, si chiude il cerchio, si torna al found footage film e all’editing creativo e concettuale, per fare insorgere dai fondi cinematografici regionali dei sentimenti (il lutto per un figlio perduto, la nostalgia per un’estate mai vissuta) che normalmente non si trovano nei filmati amatoriali di famiglia, quasi sempre antologie di momenti felici e spensierati, ancora inconsapevoli che sarebbero divenute, in un lontano futuro, memorie animate e comuni di una Regione. Laura Casella, Dario Rizzo, Simone Venturini

IL RIUSO SPERIMENTALE

Abuse – All Your Memories, Violated

(IT 2023, 03′)

A cura di Ivan Perissinotto

L’immagine nell’epoca della sua riproducibilità illimitata

(IT 2023, 03′)

A cura di Lucas Da Silva Andrade

ATLANTI: LUOGHI, RITI, EMOZIONI

Cities

(progetto per un’installazione museale, 2023)

A cura di Antonio Dagostin

Scene da un [M/P]atrimonio

(IT 2023, 05′)

A cura di Giulia Adami, Moselle Baxiu, Davide Beraldo, Francesco Mattia De Luca, Alex Prostamo, Cora Riccio

/e.mu.vwar/

(progetto di found footage film dedicato alle emozioni umane, 2023)

A cura di Nicolas Cook, Davide Fichera, Elisa Giordano, Emma Lavarone

GENERE, GENERI, DISPOSITIVI

Storia di una cineamatrice

(progetto per un found footage film, 2023)

A cura di Giuseppe Bambagioni, Sara Fabris, Dafni Thomaidou

La scomparsa di Cara – Le immagini del caso

(e-book, true crime story, mockumentary, 2023)

A cura di Elena Girotto, Giovanni Manzan

Rifiuti vivi

(progetto di festival, 2023)

A cura di Vanessa D’Alessio, Agnese Picco

IL LUTTO E LA NOSTALGIA

Us

(IT 2023, 05′)

A cura di Leonardo Tornesello

Nostalgia di un’estate mai vissuta

(IT 2023, 03′)

A cura di Rachele Ferrari