Francesco Ranieri Martinotti

MARTINOTTI V

Francesco Ranieri Martinotti (Roma, 1959) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico. Dal 2015 è presidente dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici.

Ecco la sua dichiarazione riguardo al Premio alla Cultura cinematografica 2022, conferito all’ANAC per i suoi 70 anni di vita.

I ventidue registi che l’11 febbraio 1952 si recarono a via Frattina 42, nello studio del notaio Pocaterra di Roma, per firmare l’atto costitutivo dell’Anac, tra i quali Carlo Lizzani, Age & Scarpelli, Ugo Pirro, Mario Monicelli, Ettore Scola, Pier Paolo Pasolini, Franco Solinas, Cesare Zavattini e soprattutto Sergio Amidei forse non avrebbero mai immaginato che l’Anac sarebbe esistita ancora dopo 70 anni e che sarebbe stata festeggiata  a Gorizia in un premio dedicato proprio ad uno dei padri del neorealismo. Tanto meno avrebbero potuto immaginare le grandi trasformazioni che il cinema avrebbe subito e che in particolare sta vivendo, in questo periodo in ragione delle tecnologie digitali.

Sicuramente però sapevano che i principi fondativi che avevano pensato per lo statuto sarebbero stati validi indipendentemente da ogni cambiamento possibile.

Vale la pena di ricordarli quei principi:

– affermare il valore sociale e culturale del cinema e dei suoi mezzi audiovisivi e dei linguaggi presenti, futuri e futuribili;

– tutelare la dignità morale e gli interessi materiali degli autori e difenderne le esigenze di carattere mutualistico e assistenziale;

– difendere ed estendere il diritto del cittadino alla libera circolazione delle idee e delle opere;

– difendere ed estendere il diritto del cittadino alla libertà di comunicazione, di informazione e di espressione;

– difendere l’integrità delle opere.

Dentro ognuna di queste affermazioni c’è l’essenza di settant’anni di attività dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici che continua a battersi per affermare quei principi e trasmetterli alle nuove generazioni. Così l’ANAC continua a stare al fianco di tutti gli autori e le autrici italiane, dagli esordienti ai più affermati, per sostenerli e difendere le loro istanze. Ma rimane anche a fianco di tutti coloro che sostengono il cinema indipendente: gli esercenti, i proprietari e i

 

gestori delle sale a partire dai piccoli centri urbani e dalle sale della Comunità, fino ai temerari circoli del cinema. A fianco delle cineteche, dei festival, delle scuole di cinema.

Tutto ciò avviene in continuità con quanto è stato seminato dai suoi fondatori, uomini unici e irripetibili. Sergio Amidei era uno di loro, consapevole più di altri della necessità di avere una visione alta per quello che avrebbe dovuto essere il futuro del Bel Paese appena uscito dalla guerra. Prospettiva etica e estetica di una democrazia che metteva al centro l’essere umano, le sue paure, le sue fragilità, le sue speranze e le sue aspirazioni e che mirava ad una crescita sociale e culturale di tutta la popolazione. Veicolo ne sarebbe stato il cinema. Ripartì tutto da lì. Dopo il neorealismo, ci fu la commedia italiana e insieme il cinema d’inchiesta di Rosi, quello civile di Petri, l’unicità di Fellini, Antonioni, Pasolini, Visconti, della sua sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico e di Liliana Cavani… ma anche tutto il cinema di genere che sarà riscoperto pienamente solo cinquant’anni dopo. La consapevolezza e l’orgoglio delle proprie radici sono elementi essenziali che vanno oggi recuperati a favore di un cinema che, a partire dalla scrittura, si riferisca a modelli culturali che gli appartengono. La funzione oggi dell’ANAC è anche questa e il Premio Sergio Amidei non può che essere il suo migliore compagno di strada